«Ma l'è un corteo funebre?», si chiede qualche curioso sul Sentierone. La mattina novembrina e l'aria mesta potrebbero far pensare che il serpentone tricolore, in un lento e silenzioso movimento da Palazzo Frizzoni al Teatro Donizetti, celebri il funerale dei Comuni. E qualcuno ammette che alla loro chiusura poco ci manca (come ricorda il maxistriscione in apertura del corteo: «Un Patto stupido uccide il paese»), se Roma non dissequestra in fretta i 600 milioni di euro bergamaschi tenuti in ostaggio dal Patto di stabilità e non riforma i rapporti con gli enti locali. Ma gli oltre duecento sindaci e amministratori arrivati da tutta la provincia non sono rassegnati, si dicono pronti a combattere «questa battaglia giusta», così la definisce Franco Tentorio, pronti a stare col fiato sul collo del governo «per poter tornare a fare i sindaci, mentre ora siamo ridotti a esattori e burocrati». «Il ministro Delrio venga ad ascoltarci subito, a gennaio potrebbe essere troppo tardi, e la partita della finanziaria già chiusa», è l'appello lanciato in coro al titolare degli Affari regionali e delle autonomie, che dalle colonne de L'Eco ha annunciato il suo arrivo in città a inizio dell'anno prossimo, per ascoltare le ragioni di questa protesta-proposta nata dal basso. Perché i segretari di partito (Daniele Belotti per la Lega, Angelo Capelli per il Pdl, e Gabriele Riva, che è anche primo cittadino di Arzago, per il Pd) sfilano e hanno fatto la loro parte nell'organizzazione, ma non vogliono mettere il cappello su «una manifestazione che proprio perché trasversale ha più forza». Ci sono anche i parlamentari (eccetto quelli del Pdl), disposti a beccarsi pure qualche rimprovero; non si vedono i rappresentanti del Patto civico e (a meno che non fossero camuffati) i 5 Stelle, che al momento in Bergamasca non amministrano, ma che si candidano a farlo l'anno prossimo. Tra qualche mese, infatti, si entrerà in piena campagna elettorale (anche se ormai è permanente) con 171 comuni orobici chiamati al voto nel 2014. Ma per un giorno si è tutti sulla stessa barca, quella che rischia di affondare, «se non vengono allentati i vincoli, se non si fa chiarezza sui contributi statali e sulle norme fiscali. L'instabilità non ci permette di chiudere i bilanci, di fare programmazione», denunciano i manifestanti, arrabbiati «perché i virtuosi vengono spremuti a favore dell'inefficienza». Soldi congelati, opere al palo Qualcuno ci prova a rubare la scena, ma gli slogan vuoti lasciano il posto a esempi concreti. Ci sono i tre milioni di euro congelati di Azzano, «e così non possiamo mettere a norma il municipio», spiega il sindaco Simona Pergreffi; i quasi 2 milioni d'investimento bloccati di Alzano, «che rischiano di lasciare in sospeso la messa in sicurezza della strada di Monte di Nese», fa presente l'assessore Camillo Bertocchi. E poi ci sono gli altri paradossi. «Se riceviamo dei contributi dobbiamo rinunciarci perché rientrano nel Patto e non possiamo spenderli», è la «follia» citata dal primo cittadino di Costa Volpino Mauro Bonomelli. E che dire poi dei cordoni della borsa statale sempre più stretti. «Ettore Pirovano si lamenta perché alle Province hanno tagliato il 22% dei trasferimenti. Che cosa dovrebbe dire il Comune di Zanica, che è passato dal milione e mezzo del 2010 ai 150 mila euro di quest'anno, con un -90%?», pone il quesito il sindaco Giovanni Aceti. E il collega di Castelli Calepio Flavio Bizzoni (senza fascia tricolore, perché l'ha in condivisione con un assessore che ieri rappresentava il Comune in un altro evento) ammette «che non si riesce a fare nemmeno la manutenzione ordinaria. L'impoverimento dei Comuni, che potrebbero essere motore di sviluppo e di crescita, ha passato il limite». L'elenco sarebbe infinito. Per questo le ragioni le riassumono i sette frontmen che si alternano sul palco del Donizetti: oltre a Tentorio (che perentorio rivendica «che tutto ciò che spenderemo per Expo non rientri nel Patto»), e al presidente di Via Tasso Pirovano, Gianfranco Masper di Treviolo, Riccardo Cagnoni di Vertova, Luca Carrara di Albino, Pierguido Vanalli di Pontida e Graziano Pirotta di Canonica D'Adda. Proprio quest'ultimo usa un'immagine per descrivere la situazione: «Sono davanti alla buca dell'orchestra, come i sindaci sono sull'orlo di un burrone. Però non dobbiamo stare qui solo a cantarcela e a suonarcela tra di noi». Nessun gesto sopra le righe (se non il cappio un po' stonato di Vanalli) in questa giornata, ma un simbolo che vale più di mille parole. L'apecar rossa del Comune di Azzone arrivata con furore dalla Valle di Scalve. «Due anni fa l'avevamo portata fuori dal Pirellone con la scritta: "Questa è la nostra auto blu". Quest'anno abbiamo dovuto aggiungerci "ancora per poco". Perché di questo passo, al Comune, non resterà neanche più questo mezzo», spiega il primo cittadino Pierantonio Piccini, denunciando «lo schiavismo istituzionale» dei Comuni: «Noi siamo fuori dal Patto, avendo meno di mille abitanti, ma nonostante questo abbiamo gli stessi obblighi, ad esempio con i mutui e le banche. Le "prendo" da tutti, Stato e cittadini. Sono stanco. Non resta che l'obiezione di coscienza. Perché i medici possono farla e i sindaci no?».( fonte Eco di Bergamo).
Oltre 200 amministratori alla protesta-proposta senza colori politici.
«Ma l'è un corteo funebre?», si chiede qualche curioso sul Sentierone. La mattina novembrina e l'aria mesta potrebbero far pensare che il serpentone tricolore, in un lento e silenzioso movimento da Palazzo Frizzoni al Teatro Donizetti, celebri il funerale dei Comuni. E qualcuno ammette che alla loro chiusura poco ci manca (come ricorda il maxistriscione in apertura del corteo: «Un Patto stupido uccide il paese»), se Roma non dissequestra in fretta i 600 milioni di euro bergamaschi tenuti in ostaggio dal Patto di stabilità e non riforma i rapporti con gli enti locali. Ma gli oltre duecento sindaci e amministratori arrivati da tutta la provincia non sono rassegnati, si dicono pronti a combattere «questa battaglia giusta», così la definisce Franco Tentorio, pronti a stare col fiato sul collo del governo «per poter tornare a fare i sindaci, mentre ora siamo ridotti a esattori e burocrati». «Il ministro Delrio venga ad ascoltarci subito, a gennaio potrebbe essere troppo tardi, e la partita della finanziaria già chiusa», è l'appello lanciato in coro al titolare degli Affari regionali e delle autonomie, che dalle colonne de L'Eco ha annunciato il suo arrivo in città a inizio dell'anno prossimo, per ascoltare le ragioni di questa protesta-proposta nata dal basso. Perché i segretari di partito (Daniele Belotti per la Lega, Angelo Capelli per il Pdl, e Gabriele Riva, che è anche primo cittadino di Arzago, per il Pd) sfilano e hanno fatto la loro parte nell'organizzazione, ma non vogliono mettere il cappello su «una manifestazione che proprio perché trasversale ha più forza». Ci sono anche i parlamentari (eccetto quelli del Pdl), disposti a beccarsi pure qualche rimprovero; non si vedono i rappresentanti del Patto civico e (a meno che non fossero camuffati) i 5 Stelle, che al momento in Bergamasca non amministrano, ma che si candidano a farlo l'anno prossimo. Tra qualche mese, infatti, si entrerà in piena campagna elettorale (anche se ormai è permanente) con 171 comuni orobici chiamati al voto nel 2014. Ma per un giorno si è tutti sulla stessa barca, quella che rischia di affondare, «se non vengono allentati i vincoli, se non si fa chiarezza sui contributi statali e sulle norme fiscali. L'instabilità non ci permette di chiudere i bilanci, di fare programmazione», denunciano i manifestanti, arrabbiati «perché i virtuosi vengono spremuti a favore dell'inefficienza». Soldi congelati, opere al palo Qualcuno ci prova a rubare la scena, ma gli slogan vuoti lasciano il posto a esempi concreti. Ci sono i tre milioni di euro congelati di Azzano, «e così non possiamo mettere a norma il municipio», spiega il sindaco Simona Pergreffi; i quasi 2 milioni d'investimento bloccati di Alzano, «che rischiano di lasciare in sospeso la messa in sicurezza della strada di Monte di Nese», fa presente l'assessore Camillo Bertocchi. E poi ci sono gli altri paradossi. «Se riceviamo dei contributi dobbiamo rinunciarci perché rientrano nel Patto e non possiamo spenderli», è la «follia» citata dal primo cittadino di Costa Volpino Mauro Bonomelli. E che dire poi dei cordoni della borsa statale sempre più stretti. «Ettore Pirovano si lamenta perché alle Province hanno tagliato il 22% dei trasferimenti. Che cosa dovrebbe dire il Comune di Zanica, che è passato dal milione e mezzo del 2010 ai 150 mila euro di quest'anno, con un -90%?», pone il quesito il sindaco Giovanni Aceti. E il collega di Castelli Calepio Flavio Bizzoni (senza fascia tricolore, perché l'ha in condivisione con un assessore che ieri rappresentava il Comune in un altro evento) ammette «che non si riesce a fare nemmeno la manutenzione ordinaria. L'impoverimento dei Comuni, che potrebbero essere motore di sviluppo e di crescita, ha passato il limite». L'elenco sarebbe infinito. Per questo le ragioni le riassumono i sette frontmen che si alternano sul palco del Donizetti: oltre a Tentorio (che perentorio rivendica «che tutto ciò che spenderemo per Expo non rientri nel Patto»), e al presidente di Via Tasso Pirovano, Gianfranco Masper di Treviolo, Riccardo Cagnoni di Vertova, Luca Carrara di Albino, Pierguido Vanalli di Pontida e Graziano Pirotta di Canonica D'Adda. Proprio quest'ultimo usa un'immagine per descrivere la situazione: «Sono davanti alla buca dell'orchestra, come i sindaci sono sull'orlo di un burrone. Però non dobbiamo stare qui solo a cantarcela e a suonarcela tra di noi». Nessun gesto sopra le righe (se non il cappio un po' stonato di Vanalli) in questa giornata, ma un simbolo che vale più di mille parole. L'apecar rossa del Comune di Azzone arrivata con furore dalla Valle di Scalve. «Due anni fa l'avevamo portata fuori dal Pirellone con la scritta: "Questa è la nostra auto blu". Quest'anno abbiamo dovuto aggiungerci "ancora per poco". Perché di questo passo, al Comune, non resterà neanche più questo mezzo», spiega il primo cittadino Pierantonio Piccini, denunciando «lo schiavismo istituzionale» dei Comuni: «Noi siamo fuori dal Patto, avendo meno di mille abitanti, ma nonostante questo abbiamo gli stessi obblighi, ad esempio con i mutui e le banche. Le "prendo" da tutti, Stato e cittadini. Sono stanco. Non resta che l'obiezione di coscienza. Perché i medici possono farla e i sindaci no?».( fonte Eco di Bergamo). Comments are closed.
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Gennaio 2024
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