"Il nove novembre tocca alla Catalogna, poi tocca al Veneto. Tocca a voi, e questo deve essere l'inizio della fine di Bruxelles, un regime che sta massacrando popoli economie e speranze". Nelle parole di Matteo Salvini, pronunciate dal palco di Cittadella in conclusione della grande manifestazione del Carroccio, non ci sono dubbi: "Futuro è indipendenza", proprio come il titolo della giornata. All'indomani del voto sull'indipendenza scozzese, anche se l'indipendenza piena per ora non è arrivata, i vertici del Carroccio hanno tracciato un percorso che coinvolgerà da protagonisti anche i popoli padani. La giornata è di quelle che si fanno ricordare. Piena la piazza centrale, innumerevoli le bandiere venete, lombarde, piemontesi, toscane, emiliane e delle varie nazioni, padane e non solo. E palpabile la consueta voglia di ritrovarsi, comprendere, condividere.
Ad introdurre e guidare gli interventi, aperti con il saluto del sindaco di Cittadella Bepi Pan che ha ricordato il ruolo della città come storica sede della Giornata del popolo veneto, il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli.
Il segretario nazionale della Liga Veneta - Lega Nord, Flavio Tosi, ha iniziato a scaldare la piazza parlando di "territori massacrati dallo Stato centrale, da un governo delle bugie, delle promesse non mantenute, della paura delle libertà dei popoli". "Le bugie. Vi hanno raccontato che avrebbero regalato 80 euro a dieci milioni di italiani. E hanno raccontato che questo avrebbero fatto tagliando la spesa", spiega Tosi. E invece "la manovra degli 80 euro l'hanno finanziata facendo pagare più tasse a cittadini e imprese. La cosa triste è che quasi tutti i mezzi di informazione, compresi quelli di Berlusconi. non hanno scritto che nel provvedimento si autorizza lo stato ad aumentare il debito pubblico di ulteriori 40 miliardi di euro. Finanziati con debito e tasse". "L'autonomia va difesa con le unghie e con i denti. Tutti dovremmo avere il coraggio di portare avanti la nostra autonomia", e "la risposta è nel referendum votato dalla Regione del Veneto, che rappresenta tutti i veneti, e sono cinque milioni". Questo "per chiedere ai veneti che cosa pensano dello Stato centrale. Se va bene questo Stato centrale oppressore e liberticida o se se ne vogliono andare liberi. E la cosa più ottusa che poteva fare un governo romano è proibire alla gente di potersi esprimere.
Dopo i saluti dei capigruppo alla Camera Massimiliano Fedriga e del senato Gian Marco Centinaio, sono stati i governatori a prendere la parola. Il presidente lombardo Roberto Maroni ha portato "il saluto dei lombardi ai fratelli veneti uniti nella lotta per l'autodeterminazione e l'indipendenza". Maroni ne ha approfittato per ricordare al premier Matteo Renzi il suo impegno, preso in tv, a liquidare entro il 21 settembre i debiti della pubblica amministrazione alle imprese. "Oggi, 21 setttembre, non ha pagato i debito. Deve cambiare il nome, da Matteo a Pinocchio. Agli annunci non seguono i fatti. Io come governatore della Lombardia le promesse le mantengo, Zaia anche".
Maroni è stato netto: il referendum si fa nonostante il governo di Roma. "Lombardia e Veneto sono uniti. Dobbiamo tornare al grande Lombardo Veneto, questa è la strada. Lombardia e veneto insieme fanno quasi il 50 per cento del Pil italiano. Le imprese sono qua. Se noi davvero riusciamo ad unire le forze sul referendum per l'indipendenza non ci ferma nessuno. La Scozia - ha ricordato - ci ha comunque guadagnato. Più soldi, più autonomia, più potere. Ma quella è la strada che porta dalla vecchia Europa degli Stati alla nuova Europa delle regioni e dei popoli. Il sogno lanciato da Gianfranco Miglio tanti anni fa. Non importa aver vinto o perso, l'importante è che se un popolo decide di fare il referendum sull'autodeterminazione, votare si può e si deve. Questa è la novità dalla quale non si può tornare indietro". "Siamo vicini al popolo catalano", attacca allora il governatore lombardo. Perché il parlamento catalano "ha votato la legge per il referendum e Madrid ha detto no", mentre noi "siamo dalla parte della democrazia e della libertà dei popoli. Anche il governo Renzi ha impugnato la legge che indice il referendum consultivo. Ma Io e Zaia siamo stati eletti dal popolo sovrano, Renzi non è stato eletto da nessuno. Ed è stato messo lì per fare gli interessi degli industriali e delle banche. La sovranità appartiene al popolo - ha aggiunto - e non alla burocrazia romana. Sarà una bella battaglia, ma come tutte le battaglie vere non ci possiamo aspettare che sia una battaglia facile". Maroni ha concluso l'intervento annunciando che parteciperà, caso davvero particolare per il responsabile di una Regione e non di uno Stato, al summit mondiale delle Nazioni unite sul clima. "La lettera di invito era indirizzata "Roberto Maroni, presidente del Governo della Lombardia. Le nazioni unite ci hanno già riconosciuto come nazione indipendente e sovrana", scherza, ma non troppo, salutando la piazza.
Attesissimo, il presidente veneto Luca Zaia: "Questa riunione di oggi deve essere l'occasione per parare chiaro a chi è indipendentista, ma anche a chi non ha capito perché siamo indipendentisti". E la logica, oltre che il cuore, è dalla sua parte: "Difficile, da governatore, spiegare ai nostri cittadini quando li incontri che 200 mila disoccupati sono la normalità, spiegare che un ragazzo su quattro sotto i 30 anni è senza lavoro e 2 sono precari. Che 200 imprenditori si sono suicidati all'interno delle loro imprese". "Qual è il problema?", attacca. "La gestione centralista di questo Stato. Pensare che questa terra sia la periferia dell'impero. Non accettiamo questo, non accettiamo che le nostre imprese, i nostri lavoratori abbiano una pressione fiscale del 75 per cento. Con la media europea del 35 per cento. Non vogliamo che le case popolari siano date prima al resto del mondo e poi ai veneti. Noi pensiamo di aver fatto fino in fondo il nostro lavoro".
"L'unica soluzione è fare un referendum. In Scozia si è celebrata una grande pagina di democrazia. Anche noi abbiamo - e il merito va dato a tutto il consiglio regionale - votato due leggi referendarie, per indipendenza e l'autonomia. E Roma ha detto che è illegale chiedere ai veneti che cosa pensano. Vogliamo essere chiari fino in fondo. La soluzione è questa. La Scozia ha dimostrato che i temi dell'indipendenza non sono un tabù ma sono legali. Questa è la base giuridica sulla quale porteremo il nostro ricorso di fronte alla Corte costituzionale. Vogliamo dare ai veneti la facoltà di esprimersi". "Abbiamo tanta strada da fare", ha concluso Zaia. "Partiremo con un progetto che già abbiamo scritto. Una vera road map". E "anche se Roma non ha il coraggio di darci alcuna forma di autonomia, dimostreremo fino in fondo che i veneti sono un popolo".
Anche Umberto Bossi, subito dopo Zaia, ha preso le mosse per il suo intervento dal referendum scozzese, osservando che è "un piacere vedere il mondo risvegliarsi. Siamo tutti addolorati per la Scozia, siamo tutti rimasti male" per la vittoria dei no. Ma votare "è stato un bel segnale, ed un ragionamento dobbiamo farlo. Quando si parla di Europa" bisogna ricordare che è un sistema che"garantisce il centralismo degli Stati nazione come l'Italia, nati nell'800". Il Senatur ha ricordato che anche la Lega aveva "seguito il percorso della Scozia: la Devoluzione è passata in aula, in Parlamento, ma la sinistra l'ha impugnata, e al referendum la devoluzione è passata al Nord ma non al Sud" Ma di votare sull'indipendenza non si parla. "Non siamo un Paese democratico come l'Inghilterra ma un paesaccio che non consoce la democrazia". "Ora dobbiamo andare subito a Barcellona per la loro indipendenza. Importante è che le idee si scambino". "La Padania, il Veneto e la Lombardia - ha osservato ancora Bossi - sono potenti e forti. Hanno sempre lavorato ed hanno capacità economiche importanti. Dobbiamo unire le forze indipendentiste".
"Siamo convinti che tutti i popoli dovranno avere la loro libertà, anche al Sud. Noi vogliamo comandare a casa nostra e non vogliamo essere comandati dagli altri. La battaglia sarà dura", ha concluso il presidente federale. "La Scozia ha vinto comunque perché loro hanno potuto scegliere": l'intervento conclusivo del segretario federale Matteo Salvini ha naturalmente sottolineato con grande interesse l'esperienza del referendum scozzese. "La regina ha lasciato che i cittadini potessero scegliere. Noi invece abbiamo Renzi, Napolitano, Boldrini, per cui valiamo meno di nulla". Salvini ha rivolto "un abbraccio ai fratelli scozzesi, esempio di civiltà, passione, compostezza, determinazione, anche se per arrivare a poter decidere ci hanno messo trecento anni. Il processo ha bisogno di cultura, partecipazione, passione e comunità. Anche noi - ha assicurato il segretario del Carroccio - arriveremo a questo non esistono scorciatoie". E poi annuncia la prossima mobilitazione: "Mi piacerebbe che sabato 18 ottobre alle 4 del pomeriggio a Milano ci fossero centomila persone per dire no a quella vergogna razzista che è Mare Nostrum. Se Mare Nostrum non lo ferma la politica lo dovete fermare voi". Dicendo senza mezzi termini che "non c'è più spazio per un immigrato, fino a quando non trova lavoro l'ultimo dei nostri disoccupati".
Economia, immigrazione, difficoltà insopportabili per i cittadini sono stati quindi i temi toccati nell'intervento del segretario federale. Anche il dibattito del giorno, quello sull'articolo 18, "è una presa in giro. La guerra Renzi-Camusso è un teatrino, non è con il jobs act che si fa crescere il lavoro. Cancellate piuttosto la legge Fornero e gli studi di settore. Non è togliendo diritti ai lavoratori che si convince l'imprenditore ad assumere. Cosa hanno fatto invece in quaranta paesi al mondo? L'aliquota unica. Il 60 per cento non è tassazione ma un furto, e chi si difende non è un ladro". Non è mancato un accenno al suo imminente viaggio a Mosca: "chi oggi gioca a fare la guerra a Putin è un cretino. Con Putin si deve dialogare. Andrò a Mosca a difendere il nostro lavoro". La conclusione dell'intervento di Salvini è stato un fuoco d'artificio tutto sul tema dell'indipendenza. "L'indipendenza ha bisogno di lavoro, ha bisogno degli artigiani, dei commercianti, delle partite Iva, e soprattutto degli agricoltori che Bruxelles sta massacrando sistematicamente E se stare in Europa significa massacrare l'agricoltura, via dall'Europa. Se serve, anche mettiamo dei dazi per difendere le nostre produzioni come fanno tutte le nazioni evolute del mondo". E ripete tre volte la parola "dazi" perché la proposta arrivi chiara e udibile. "L'indipendenza ha bisogno di cultura, identità, cinema, teatro, lingue locali, ha bisogno che i nostri giovani che vogliono fare cultura e musica non debbano pagare il pizzo alla Siae che ha il monopolio di tutto e di tutto. La cultura non è di sinistra. Non bisogna avere la tessera del Pd per cantare o fare poesie. La sinistra ha appiattito la cultura in Italia". A proposito di destra e sinistra, "non riconosco le vecchie categorie destra sinistra. Dov'è il centrodestra? Boh. Alfano? Non pervenuto. Non puoi costruire l'alternativa a Renzi con lui. Dove c'è Alfano non c'è la lega. Banale. E Forza italia? Deve decidere se è maggioranza o se è opposizione. Non può incontrare Renzi dal lunedì al sabato e ricordarsi che la domenica mattina c'è la Lega. Qualche dirigente di Forza Italia ci ha detto "o vi accordate o sarete irrilevanti". Io non metto invendita la dignità per due poltrone. Se si votasse domani mattina la Lega andrebbe da sola, da Nord a Sud. Punto. I nostri progetti non sono merce di scambio", taglia corto.
"E mi piacerebbe - si avvicina a concludere - che chi ha cuore le battaglie per i'indipendenza e le autonomie non si dividesse. Divisi non si arriva da nessuna parte. Chi vuole il Veneto libero deve dare una mano alla Lega. Ci siamo arrivati e ci arriveremo. La nostra idea non muore". .