Il partito più antico, tra le principali formazioni in campo alle prossime elezioni, è la Lega Nord. E il nuovo leader, Roberto Maroni, ha voluto scegliere una strategia di comunicazione che strizzi l'occhio alle origini, quando quelli della Lega non se li filava nessuno. Per questo ha preferito auto-emarginarsi, puntando sulle realtà dove la comunicazione è disintermediata: e cioè la comunicazione diretta sul territorio e quella sui social network. «Solo in questo modo», spiega Patrizia Carrarini, a.d. dell'agenzia Pubblica amministrazione (gruppo Qubit) che cura la campagna di Maroni candidato presidente della regione Lombardia, «si riesce a parlare direttamente a un target forte e attivo, alle cosiddette truppe cammellate, ai militanti che poi traducono il tutto in voti nelle urne».
Strategia comprensibile per un movimento, la Lega, che ha bisogno di rinserrare le fila dopo anni bui e insuccessi di governo a ripetizione. «Ma Maroni non intende isolarsi, anzi, il suo motto è abbassare i ponti levatoi, e non rinnega neppure la Lega delle barbe e delle corna o dei trattori. Però sta spingendo per la valorizzazione di una classe dirigente più preparata, più vicina al mondo imprenditoriale (gli Stati generali a Torino, con 100 imprenditori non leghisti, sono stati una novità assoluta, ndr). Insomma, ha mutato linguaggio, con uno stile decisamente diverso da quello del padre fondatore Umberto Bossi. La Lega è l'unico partito che si è rinnovato tantissimo, che ha cacciato chi ha sbagliato, ma non ha cambiato né il nome né il logo. Si cambia la forma ma si tiene la sostanza: riscattare il territorio dal centralismo statale».
In effetti il cerchio magico sembra diventato un gioco in scatola da relegare in soffitta, il Trota se ne è andato nei campi, l'ex capogruppo alla camera, Marco Reguzzoni, si diverte ora con gli aerei come presidente del museo del volo Volandia Malpensa, e lo stesso senatur Bossi è poco più di uno stendardo da esibire di tanto in tanto. La Lega di Maroni, cioè, sta provando a superare il modello di partito con leadership carismatica. Cosa che, per esempio, non è riuscita al Pdl, che propina ancora la minestra di Silvio Berlusconi.
«La Lega è invece passata da una leadership carismatica come quella di Bossi a un leader molto diverso come Maroni, che condivide ogni passo e ogni scelta con la squadra, con la dirigenza, con il movimento. Per le elezioni regionali lombarde il primo flight della campagna di comunicazione ha come slogan «La Lombardia in testa». Prevale il colore blu, poiché promuove la lista civica che appoggia Maroni, e cha fa riferimento all'intera area del centro-destra, non solo alla Lega. Il media mix è molto vasto», aggiunge Carrarini, che fa da consulente della Lega da undici anni ed è pure responsabile comunicazione di Andrea Gibelli, vicepresidente di regione Lombardia e assessore alle attività produttive, «e va dalle affissioni agli spot su tv e radio locali, fino al web, alle vele su quattro ruote e agli eventi. Il 15 e 16 gennaio, per esempio, a Como ci sarà la chiusura del momento di ascolto iniziato con gli Stati generali di Torino, con una sintesi delle proposte arrivate dagli imprenditori».
C'è il territorio, e poi, come detto, ci sono i social network. Che, ovviamente, non vanno sopravvalutati quanto a capacità penetrativa né usati con troppa superficialità: «I politici, tutti, devono ricordarsi che i follwers di Twitter non sono i militanti, le truppe cammellate che poi vanno a votare e fanno campagna sul territorio. Quindi, per esempio, anche Mario Monti non deve illudersi che il buon seguito su Twitter sia sinonimo di successo. Altrimenti», sottolinea Carrarini, «il Papa potrebbe ambire a diventare il dittatore del mondo, visto il boom del suo account su Twitter. Il mio consiglio è che i social network vengano usati per quello che sono. Non c'è un mezzo che escluda gli altri, più il media mix è vasto, più si possono raggiungere potenziali elettori. La lezione del presidente Usa, Barack Obama, ci ha insegnato che il microtargeting è vincente: il politico deve parlare direttamente a tizio e caio, non a elettori indistinti. Su Twitter si parla, in prevalenza, a giornalisti e personaggi della comunicazione».
Certo, uno può dare consigli. Ma poi l'account di Maroni è personale, e quindi lui ne fa quello che vuole. «La cosa positiva del social è che comunque il packaging non nasconde mai la persona che c'è dietro. Qualcuno, magari, aveva forgiato un certo packaging social per Roberto Formigoni», commenta Carrarini, «ma poi è venuto fuori lui, di per sé, con la sua personalità (le interpretazioni di Formigoni sul web, e i suoi tweet più recenti sono veramente fenomenali, ndr). Lo stesso sta accadendo, per fare un altro esempio, con Monti: sono bastati tre tweet per identificarlo: elitario, distaccato, arrogante, lontano».
Maroni, in effetti, proprio su Twitter si è detto fiero di essere stato l'unico, tra i leader più importanti, cui Monti non ha telefonato per gli auguri di Natale. E ha spiegato che intende combattere sia Monti, sia i montini Albertini e Ambrosoli. Ma il Maroni musicista soul? «Maroni è una persona molto riservata», conclude Carrarini, «e ha deciso di non fare mai venire fuori il suo privato. Io stessa ho scoperto che ha tre figli solo un mese fa. Di certo è finito il momento di personalizzazione estrema nelle campagne elettorali».( fonte Italiaoggi.it )