Intervista a Marine Le Pen, leader del Front National
«Nessun popolo avrebbe potuto accettare ciò che ha subito quello greco», ha tuonato così dall'emiciclo del Parlamento europeo a Strasburgo scatenando l'approvazione perfino dei Cinque stelle. Marine Le Pen concede ad Alexis Tsipras più che un plauso per ciò che ha determinato quel «no» al memorandum dell'Ue. Il leader del Front National affida queste riflessioni a «Il Tempo», al termine di una giornata che sancisce una trasversalità nel nome del primato della politica.
Madame Le Pen, che cosa ne pensa del j'accuse di Tsipras?
«Molte cose che ha detto Tsipras sono giuste. In particolare che la situazione della Grecia non è responsabilità sua dato che è al potere da solo da cinque mesi mentre già da cinque anni la politica sbagliata della Troika è applicata alla Grecia. Insomma, non è Tsipras che dovrebbe essere giudicato, piuttosto i risultati della politica della Troika».
Facciamolo.
«Questi "risultati" sono un aumento incredibile della disoccupazione e un aumento dello stesso debito. Ha ragione Tsipras: il problema greco supera la Grecia».
In che senso?
«C'è un problema di governance europea. La compatibilità tra la democrazia stessa e questa governance è dura: si può dire oggi che siamo di fronte a una governance totalitaria. Un ricatto che funziona con le minacce fatte dalla Bce e che ci fa pensare che questa abbia organizzato in una maniera artificiale il "panico bancario"».
Lo scenario della "Grexit" si fa sempre più concreto. Che significato avrebbe adesso?
«La Grexit, oggi, è pensata come una forma di sanzione. Un'uscita sporca. E invece la Grecia ha il diritto di uscire dalla zona dell'euro, però questa deve essere un'uscita concordata e organizzata».
È ancora contenta di aver tifato "oxi" ("no") sul referendum?
«Non ho nessun rimpianto. Sono una nemica feroce dell'iper-austerità imposta alla Grecia. Questa austerità non soltanto è terribilmente ingiusta ma è anche inefficace».
Lei con la Lega, i 5 Stelle, la sinistra radicale italiana, seppur nelle vostre differenze, vi siete trovati insieme nel sostegno della Grecia e di Tsipras.
«È altrettanto vero però che abbiamo delle differenze importanti: sull'immigrazione, sull'idea di società e sull'euro. Qualcuno, ad esempio, vuole salvare l'euro a qualsiasi costo. Io invece non voglio che i contribuenti paghino ogni anno per salvare una moneta che va a morire».
Hollande e Renzi erano i due che avrebbero dovuto costruire il fronte anti-austerità. Come è andata invece? (Ride).
«Che dire: non è soltanto colpa di Renzi e Hollande. Assieme a loro metto anche Nicolas Sarkozy. Quest'ultimo ha fatto cancellare il primo referendum greco nel 2011. E il referendum di oggi è il ritorno del boomerang. È quello che ha fatto oggi il popolo greco: si è invitato nel dibattito dove le istituzioni l'avevano completamente messo da parte».
L'Europa non è in crisi solo a causa dei mali dell'euro. Bussa alle nostre porte l'Isis…
«L'Isis è una minaccia mondiale che ha prosperato con gli errori criminali dei nostri dirigenti. Il primo è stato di affondare le nazioni arabe: e questo ha permesso a questo movimento internazionalista di svilupparsi. L'Isis ha prosperato anche a causa delle nostre debolezze e delle nostre incoerenze. L'alleanza con il Qatar, ad esempio, è totalmente incoerente con la lotta contro il fondamentalismo islamico. Il Qatar ha sostenuto e finanziato i fondamentalisti. Altro errore è stato quello di rifiutare un'alleanza con quelli che potevano lottare con efficacia contro l'Isis: penso naturalmente alla Siria e alla Russia».
Capitolo immigrazione. Che cosa pensa del piano che prevede le quote di migranti per Paese? (Ride nuovamente).
«Capisco perfettamente che l'Italia non vuole sopportare da sola l'immigrazione clandestina. Però sono anche contraria alle quote: la sola soluzione è di impedire questi clandestini di arrivare. Dobbiamo far ripartire quanti di questi? 60mila? 100mila? E dopo, perché no, 6 milioni? Non ha senso. Le istituzioni ci spiegano che siamo incapaci, impotenti e che in realtà dobbiamo sottometterci all'immigrazione clandestina. Questo non è accettabile».
Putin è il leader con il quale molti movimenti sovranisti hanno intavolato delle relazioni culturali e politiche. Putin può essere un interlocutore collaborativo dell'Europa intera?
«Putin deve essere un interlocutore per l'Europa. L'interesse dei nostri Paesi e l'interesse dell'Europa lo comanda. La Russia è un partner naturale, strategico, non soltanto dal punto di vista commerciale, energetico, ma anche nella lotta contro l'Isis. E invece i paesi europei si sottomettono alla politica degli Stati Uniti e fanno una guerra fredda alla Russia; ma questo non è l'interesse dell'Europa. È quello degli States! In tanti oggi fanno i "piccoli messaggeri di Obama", ma io non vedo così la Francia o l'Europa…»
Se fosse presidente della Francia abolirebbe le sanzioni alla Russia?
«Abolirei le sanzioni immediatamente. Queste sanzioni ci costano un alto prezzo. Dovete sapere che gli Stati Uniti sono veramente furbi: nello stesso momento delle sanzioni hanno aumentato il commercio con la Russia del 9%, mentre il nostro commercio con la Russia è crollato».
Arriviamo in Italia. L'europarlamentare Lorenzo Fontana, poco più di un anno e mezzo fa, vi ha fatto incontrare per la prima volta Matteo Salvini. È sorpresa dell'affermazione di Salvini e della Lega in così poco tempo?
«Non è una sorpresa. Quando l'ho incontrato all'inizio i sondaggi davano risultati molto bassi. Però sapevo che era destinato a esplodere grazie alla sua capacità, alla sua comprensione dei veri problemi degli italiani. Ho scoperto in Matteo Salvini infatti un uomo di una grande solidità, con convinzioni forti e con questo spirito di fare squadra che abbiamo in comune. Vedo molto bene questa volontà di mettere insieme al di là delle frontiere tradizionali politiche, oltre a quelle abituali della stessa Lega Nord, per costituire una grande forza nazionale per il beneficio degli italiani. Con lui è stato un incontro importante e da quel giorno non abbiamo mai avuto l'occasione di essere in disaccordo».
Lei ha scelto di candidarsi alle elezioni Regionali di Francia. Lo fa per dare prova di capacità amministrativa in vista delle Presidenziali?
«È una scelta fatta su due piani. Primo: la gente non vuole più promesse ma atti. E poi, dopo che abbiamo dimostrato che siamo capaci di guadagnare città, adesso voglio dimostrare che abbiamo la stessa capacità di gestire le regioni».
E se dovesse arrivare all'Eliseo nel 2017?
«La mia prima misura sarebbe di rendere il potere al popolo perché sarei stata mandata lì per questo. Andrei quindi dall'Unione europea con una domanda precisa: o voi ridate al popolo francese la sua sovranità sul piano monetario, la sua libertà territoriale, la sua libertà legislativa, economica o domanderei al popolo francese di uscire dall'Ue. Perché non accetto che il mio popolo sia un popolo schiavo».
(fonte ilTempo.it)