Matteo Renzi parla inglese e manda il suo jobs act via mail alle redazioni dei giornali? La Lega di Matteo Salvini invece parla in italiano, per farsi capire da tutti, e discute il suo "piano sviluppo" davanti ai giornalisti, accettando di rispondere ad ogni richiesta di chiarimento. Come quelle, tuttora eluse dal Rottamatore, sulle coperture finanziare. Ma c 'è anche un 'altra premessa che il Segretario tiene a ricordare personalmente prima di lasciare l'illustrazione del "piano sviluppo" a chi si è occupato di redigerlo, cioè Massimiliano Fedriga e i due capigruppo di Camera e Senato Giancarlo Giorgetti e Massimo Bitonci. «La premessa logica e politica - chiarisce Salvini - dev'essere rimettere in discussione la follia dei vincoli europei e di una moneta criminale come l'euro. Chiunque parla di lavoro senza prima par lare di questo, racconta solo barzellette». L'allusione, evidente ancorché non esplicitata è a Matteo Renzi ed Angelino Alfano, che da giorni stanno rimpallandosi impalpabili jobs act che sembrano prescindere totalmente dalla questione europea. La Lega invece prima dice chiaro e tondo qual è il nemico e poi pone sul tavolo un programma concreto e in pochi punti che già domani sarà trasformato in progetto di legge e depositato alle Camere. Che i contenuti siano forti , se non addirittura rivoluzionari sotto certi aspetti, lo si capisce già dal primo provvedimento del piano: l'equiparazione dei contratti tra il settore pubblico e il settore privato con l'introduzione, nel pubblico, di una parte di stipendio legata alla produttività del lavoratore. «In modo che non accada più - osserva Salvini - che in un ufficio ci sia un dipendente che lavora anche per quelli che non lavorano e che poi a fine mese tutti quanti prendano lo stesso stipendio. Chi non lavora secondo noi deve essere allontanato mentre chi lavora bene deve vederselo riconosciuto anche in busta paga». «Lo scenario in cui si inseriscono le altre proposte del nostro piano sviluppo - prosegue Fedriga introducendo le novità auspicate dalla Lega in campo contrattuale - è un mercato del lavoro distrutto, con la disoccupazione al 12 per cento e la disoccupazione giovanile arrivata addirittura al 42 per cento. Per questo serve una misura d'urto che noi abbiamo individuato in un nuovo contratto a tempo indeterminato, basato sui principi della flex-security, che permetterà al datore di lavoro, in cambio della stabilità del posto, di poter cambiare mansione ed orari al lavoratore in base alle esigenze produttive dell'azienda». Ma non c'è solo questo: la nuova tipologia contrattuale, infatti, prevede anche incentivi di natura economica. «Prevediamo un a forte decontribuzione, che poi andrà a decrescere nel corso dei successivi cinque anni, sia per il datore di lavoro che per il dipendente. Questo significa più soldi all'impresa, più soldi in busta paga e in definitiva più soldi in circo lo nel mercato interno». Il datore di lavoro, in particolare, nella proposta leghista, avrà un netto beneficio perché «l'Ipef datoriale gli sarà ridotta della metà». Il piano sviluppo prevede poi misure ad hoc per quelle che Fedriga individua come le due categorie attualmente più svantaggiate: i giovani e i disoccupati sopra i 50 anni di età. «Per gli under 30, oltre alla possibilità di essere assunti con il nuovo contratto basato su Ila flex-security, ci sarà anche la possibilità di attivare altri tipi di contratto, come ad esempio quelli a tempo determinato, ma con l'abbattimento del 50 per cento dell'Irpef. Su questo - precisa Fedriga - noi vogliamo sfidare la sinistra italiana. Ci ha sempre "venduto" la balla che per fare più contratti a tempo indeterminato bisognava aumentare il costo dei contratti a tempo determinato. Bene, noi invece crediamo il contrario, cioè che per incentiva re i contratti a tempo indeterminato si debba renderli più vantaggiosi ma senza penalizzare altre forme contrattuali». Il guanto di sfida è lanciato anche sugli over 50, «categoria – attacca ancora Fedriga - che la sinistra sembra essersi dimenticata». «Per due anni e con qualsiasi tipo di contratto vengano assunti - spiega l'esponente leghista - godranno della totale esenzione degli oneri contributivi». Ma quale sarà il prodotto di questa rivoluzione contrattuale? «Cinque milioni di contratti a tempo indeterminato - calcola Fedriga - Due milioni ci sono già perché sono quelli che di media vengono attivati ogni anno, più un milione di contratti a tempo determinato che con le nuove regole potrebbero trasformarsi in tempo indeterminati più un milione e mezzo-due milioni di nuovi contratti. Meno oneri sociali, più tasse pagate dalle aziende e maggiore gettito Iva determinato dalla ripresa dei consumi: per lo Stato ci sarebbe un cospicuo aumento di entrate». Il capitolo lavoro del "piano sviluppo" tocca poi altri due totem dell'attuale asfittico sistema italiano: i centri per l'impiego e i corsi di formazione. Su questo la ricetta leghista è drastica. «I centri per l'impiego che non raggiungono almeno la media di ricollocamento nazionale dovranno essere chiusi mentre i corsi di formazione che non ricollocano entro un anno almeno il 50 per cento degli iscritti non saranno più finanziati». Le imprese però hanno bisogno anche di altro: ossigeno dalle banche e sburocratizzazione. «Per risolvere il problema del credit crunch – spiega Giorgetti - il nostro obiettivo è ripristinare la separazione dell'attività bancaria tipica da quella speculativa. Non lo faremo introducendo un obbligo ma attraverso l'incentivo di una tassazione differenziata sul reddito generato dalle banche a seconda che sia prodotto con i prestiti alle imprese o con l'attività speculativa. Questa tassazione differenziata dovrebbe poter evitare che le banche si limitino a contrarre prestiti presso la Bce all'1 per cento per poi investire in titoli d i Stato che rendono il 3-4 per cento. E' una misura che proponiamo a livello nazionale ma ancora una volta le Regioni potrebbero fare da apri pista. Abbiamo chiesto all'assessore lombardo Garavaglia di usare la piccola parte di Irap che è di competenza regionale per creare un trattamento privilegiato per quelle banche che aiutano le economie locali». «La burocrazie e gli adempimenti - ricorda infine Massimo Bitonci affrontando l'ultimo capitolo del piano - costa ai nostri imprenditori e ai nostri artigiani qualcosa come 5 miliardi ogni anno. Per questo, anche in maniera provocatoria, proponiamo di introdurre un nuovo regime di contabilità a "costi zero" per i lavoratori autonomi e le imprese con meno di 5 dipendenti ed un fatturato inferiore ai 250 mila euro. Su questi sarà applicato un pagamento dell'imposta sostitutiva del 10 per cento e niente adempimenti. Se i pagamenti sono completamente tracciabili, gli basterà tenere le fatture e gli estratti conto bancari». Quanto alle coperture, spiega Bitonci, «le proposte sui contratti di lavoro hanno già una propria copertura. Per quanto riguarda le altre invece basterebbe applicare i costi standard in sanità. Questo permetterebbe di recuperare 30 miliardi l'anno. Poi, se servono altri soldi, si potrebbe sempre tagliare l'Iva di due punti. Se aumentarla di due punti, infatti, ha provocato una diminuzione del gettito di quattro miliardi, allora ritagliando l'Iva di due punti si recupererebbero anche quei soldi. Peccato che non lo faranno mai»( fonte La Padania).
LO SVILUPPO SI FA COSI' : Meno tasse, burocrazia ed Europa= PIU' LAVORO .
Matteo Renzi parla inglese e manda il suo jobs act via mail alle redazioni dei giornali? La Lega di Matteo Salvini invece parla in italiano, per farsi capire da tutti, e discute il suo "piano sviluppo" davanti ai giornalisti, accettando di rispondere ad ogni richiesta di chiarimento. Come quelle, tuttora eluse dal Rottamatore, sulle coperture finanziare. Ma c 'è anche un 'altra premessa che il Segretario tiene a ricordare personalmente prima di lasciare l'illustrazione del "piano sviluppo" a chi si è occupato di redigerlo, cioè Massimiliano Fedriga e i due capigruppo di Camera e Senato Giancarlo Giorgetti e Massimo Bitonci. «La premessa logica e politica - chiarisce Salvini - dev'essere rimettere in discussione la follia dei vincoli europei e di una moneta criminale come l'euro. Chiunque parla di lavoro senza prima par lare di questo, racconta solo barzellette». L'allusione, evidente ancorché non esplicitata è a Matteo Renzi ed Angelino Alfano, che da giorni stanno rimpallandosi impalpabili jobs act che sembrano prescindere totalmente dalla questione europea. La Lega invece prima dice chiaro e tondo qual è il nemico e poi pone sul tavolo un programma concreto e in pochi punti che già domani sarà trasformato in progetto di legge e depositato alle Camere. Che i contenuti siano forti , se non addirittura rivoluzionari sotto certi aspetti, lo si capisce già dal primo provvedimento del piano: l'equiparazione dei contratti tra il settore pubblico e il settore privato con l'introduzione, nel pubblico, di una parte di stipendio legata alla produttività del lavoratore. «In modo che non accada più - osserva Salvini - che in un ufficio ci sia un dipendente che lavora anche per quelli che non lavorano e che poi a fine mese tutti quanti prendano lo stesso stipendio. Chi non lavora secondo noi deve essere allontanato mentre chi lavora bene deve vederselo riconosciuto anche in busta paga». «Lo scenario in cui si inseriscono le altre proposte del nostro piano sviluppo - prosegue Fedriga introducendo le novità auspicate dalla Lega in campo contrattuale - è un mercato del lavoro distrutto, con la disoccupazione al 12 per cento e la disoccupazione giovanile arrivata addirittura al 42 per cento. Per questo serve una misura d'urto che noi abbiamo individuato in un nuovo contratto a tempo indeterminato, basato sui principi della flex-security, che permetterà al datore di lavoro, in cambio della stabilità del posto, di poter cambiare mansione ed orari al lavoratore in base alle esigenze produttive dell'azienda». Ma non c'è solo questo: la nuova tipologia contrattuale, infatti, prevede anche incentivi di natura economica. «Prevediamo un a forte decontribuzione, che poi andrà a decrescere nel corso dei successivi cinque anni, sia per il datore di lavoro che per il dipendente. Questo significa più soldi all'impresa, più soldi in busta paga e in definitiva più soldi in circo lo nel mercato interno». Il datore di lavoro, in particolare, nella proposta leghista, avrà un netto beneficio perché «l'Ipef datoriale gli sarà ridotta della metà». Il piano sviluppo prevede poi misure ad hoc per quelle che Fedriga individua come le due categorie attualmente più svantaggiate: i giovani e i disoccupati sopra i 50 anni di età. «Per gli under 30, oltre alla possibilità di essere assunti con il nuovo contratto basato su Ila flex-security, ci sarà anche la possibilità di attivare altri tipi di contratto, come ad esempio quelli a tempo determinato, ma con l'abbattimento del 50 per cento dell'Irpef. Su questo - precisa Fedriga - noi vogliamo sfidare la sinistra italiana. Ci ha sempre "venduto" la balla che per fare più contratti a tempo indeterminato bisognava aumentare il costo dei contratti a tempo determinato. Bene, noi invece crediamo il contrario, cioè che per incentiva re i contratti a tempo indeterminato si debba renderli più vantaggiosi ma senza penalizzare altre forme contrattuali». Il guanto di sfida è lanciato anche sugli over 50, «categoria – attacca ancora Fedriga - che la sinistra sembra essersi dimenticata». «Per due anni e con qualsiasi tipo di contratto vengano assunti - spiega l'esponente leghista - godranno della totale esenzione degli oneri contributivi». Ma quale sarà il prodotto di questa rivoluzione contrattuale? «Cinque milioni di contratti a tempo indeterminato - calcola Fedriga - Due milioni ci sono già perché sono quelli che di media vengono attivati ogni anno, più un milione di contratti a tempo determinato che con le nuove regole potrebbero trasformarsi in tempo indeterminati più un milione e mezzo-due milioni di nuovi contratti. Meno oneri sociali, più tasse pagate dalle aziende e maggiore gettito Iva determinato dalla ripresa dei consumi: per lo Stato ci sarebbe un cospicuo aumento di entrate». Il capitolo lavoro del "piano sviluppo" tocca poi altri due totem dell'attuale asfittico sistema italiano: i centri per l'impiego e i corsi di formazione. Su questo la ricetta leghista è drastica. «I centri per l'impiego che non raggiungono almeno la media di ricollocamento nazionale dovranno essere chiusi mentre i corsi di formazione che non ricollocano entro un anno almeno il 50 per cento degli iscritti non saranno più finanziati». Le imprese però hanno bisogno anche di altro: ossigeno dalle banche e sburocratizzazione. «Per risolvere il problema del credit crunch – spiega Giorgetti - il nostro obiettivo è ripristinare la separazione dell'attività bancaria tipica da quella speculativa. Non lo faremo introducendo un obbligo ma attraverso l'incentivo di una tassazione differenziata sul reddito generato dalle banche a seconda che sia prodotto con i prestiti alle imprese o con l'attività speculativa. Questa tassazione differenziata dovrebbe poter evitare che le banche si limitino a contrarre prestiti presso la Bce all'1 per cento per poi investire in titoli d i Stato che rendono il 3-4 per cento. E' una misura che proponiamo a livello nazionale ma ancora una volta le Regioni potrebbero fare da apri pista. Abbiamo chiesto all'assessore lombardo Garavaglia di usare la piccola parte di Irap che è di competenza regionale per creare un trattamento privilegiato per quelle banche che aiutano le economie locali». «La burocrazie e gli adempimenti - ricorda infine Massimo Bitonci affrontando l'ultimo capitolo del piano - costa ai nostri imprenditori e ai nostri artigiani qualcosa come 5 miliardi ogni anno. Per questo, anche in maniera provocatoria, proponiamo di introdurre un nuovo regime di contabilità a "costi zero" per i lavoratori autonomi e le imprese con meno di 5 dipendenti ed un fatturato inferiore ai 250 mila euro. Su questi sarà applicato un pagamento dell'imposta sostitutiva del 10 per cento e niente adempimenti. Se i pagamenti sono completamente tracciabili, gli basterà tenere le fatture e gli estratti conto bancari». Quanto alle coperture, spiega Bitonci, «le proposte sui contratti di lavoro hanno già una propria copertura. Per quanto riguarda le altre invece basterebbe applicare i costi standard in sanità. Questo permetterebbe di recuperare 30 miliardi l'anno. Poi, se servono altri soldi, si potrebbe sempre tagliare l'Iva di due punti. Se aumentarla di due punti, infatti, ha provocato una diminuzione del gettito di quattro miliardi, allora ritagliando l'Iva di due punti si recupererebbero anche quei soldi. Peccato che non lo faranno mai»( fonte La Padania). Comments are closed.
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