Altro che diminuzione delle tasse, la manovra economica approntata dal governo guidato da Enrico Letta sarà una dura mazzata per famiglie e imprese: «Rispetto al 2013 si pagherà di più, soprattutto i contribuenti lombardi». Le parole del governatore di Regione Lombardia, Roberto Maroni, stroncano in un istante tutti gli entusiasmi del premier che da tre giorni va dicendo urbi et orbi che con la legge di stabilità elaborata dall'esecutivo il peso fiscale è destinato a diminuire. La realtà, invece, secondo Maroni è un'altra: «In un territorio come questo dove ci sono tante micro e piccole e imprese – ha spiegato ieri pomeriggio il leader del Carroccio nel corso di un' intervista televisiva - l' impatto della manovra si sente di più, bisognava avere coraggio come ha detto il presidente d i Confindustria Squinzi». E il coraggio voleva dire, ad esempio, «abbassare il carico fiscale per le imprese». Concetti, del resto, che Maroni aveva già espresso in mattinata a Legnano, ospite dell'assemblea annuale di Confindustria Alto Milanese.
«Dipendesse da me lo farei subito - ha aggiunto Maroni - ma purtroppo, tranne poche cose, la componente fiscale è decisa dal governo di Roma. Trattenendo il settantacinque per cento delle tasse qui avremmo 16 miliardi in più da utilizzare: con la metà cancellerei l'Irap per le imprese, il resto potrebbe essere utilizzato per le infrastrutture e per investire su innovazione e ricerca». E proprio "innovazione" e "ricerca" sono state le parole d'ordine dell'incontro di Legnano al quale hanno partecipato il presidente degli industriali dell'Alto Milanese Gian Angelo Mainini, il docente della Liuc, Fernando Alberti, l'europarlamentare Patrizia Toia e il vicepresidente nazionale di Confindustria per lo Sviluppo Economico e per l'Energia, Aurelio Regina. Tutti d'accordo sul fatto che per ridare ossigeno al nostro sistema produttivo servono misure che azzerino la burocrazia, che risveglino il mercato nazionale («una strada da percorrere è quella dell'abbassamento del cuneo fiscale», ha spiegato Mainini), che inducano le banche «a fare meno indigestione di buoni del tesoro aprendo nuovamente i rubinetti del credito a imprese e famiglie». Risorse, ecco il punto critico. Urgono risorse da impiegare in maniera mirata e intelligente. Teniamo presente che in queste settimane di discussione sulla legge di stabilità gli industriali avevano ripetutamente chiesto al governo di poter contare su fatti concreti per abbassare l'incidenza di fattori come costo del lavoro, costi fiscali, costi energetici, costo della burocrazia e costo dei trasporti. Appello caduto nel vuoto. Ecco, quindi, che il tema delle risorse sollevato da Maroni ha colpito favorevolmente la platea di imprenditori. Come individuarne di preziose in grado di dare nuovo slancio al sistema produttivo? In realtà basterebbe attingere, ad esempio, a quelle già a disposizione degli enti locali: «Inviterò tutti i parlamentari lombardi - ha anticipato infatti il governatore - a presentare assieme un emendamento alla legge di stabilità con il quale si possano liberare le risorse dei Comuni virtuosi del Nord, in deroga al patto di stabilità, da investire in ricerca, innovazione e sostegno all'impresa». Tanto per avere un 'idea delle dimensioni, si tratta di un "tesoretto" di otto miliardi e mezzo di euro: «Alle amministrazioni locali che hanno governato bene - ha ribadito il presidente di Regione Lombardia - deve essere data la possibilità di spendere l'avanzo di amministrazione per investimenti. Così si riaccende il motore dell'Italia, il resto sono chiacchiere». Le chiacchiere, per inciso, sono quelle di chi sostiene l'impossibilità di sforare i parametri Ue che impongono all'Italia un disavanzo entro il 3% del prodotto interno lordo. Ma se queste risorse sono necessarie per ridare fiato alla produzione? «Se devo sforare il tetto del tre per cento per evitare che le imprese chiudano - taglia corto Maroni - io lo sforo. Perché devo stare a quello che ci impone I'Ue se è contro il mio interesse? Non è un reato, è legittima difesa». Le risorse ci sono, basta saperle individuare: «Pensate ad esempio – spiegava Maroni agli industriali di Legnano - che se in tutte le regioni d' Italia venissero applicati i costi standard della Lombardia, avremmo un risparmio di 30 miliardi di euro». Fatti i conti, una manovra. Quella stessa manovra che il vicepresidente nazionale di Confindustria, Aurelio Regina, annienta sostenendo che non rappresenta affatto una spinta: «Ci sarebbe piaciuto avesse rappresentato la svolta - dice rivolgendosi a Maroni e sposando, invece, in pieno l'idea dell'applicazione dei costi standard ma la svolta non c'è». Per la vera svolta, in effetti, ci vogliono idee e fatti concreti. Come, ad esempio, offrire opportunità di sviluppo al tessuto produttivo locale: «Expo - ha osservato Maroni al proposito - è una grande occasione per le nostre imprese se vengono coinvolte, ecco perché ho chiesto la creazione di bandi ad hoc per le nostre Pmi». Buone idee, buona volontà e la quadra per uscire dalla crisi si trova. Ma a Roma non lo capiscono ancora.(fonte La Padania).