Tasse locali al top. Trasferimenti statali sotto la media Pagano più tasse locali di tutti e ricevono meno degli altri in termini di trasferimenti da parte dello stato. In Lombardia, Emilia Romagna e Veneto il piatto piange. Perché quando si tratta di passare alla cassa, i cittadini delle tre regioni pagano da 1.300 a 1.553 euro l'anno pro capite in tasse regionali, provinciali e comunali (la media italiana è di 1230 euro pro capite). Mentre quando c'è da attingere alle casse dello stato, a fronte di una media nazionale di 1.972 euro di contributi erariali a cittadino, le tre regioni ricevono importi variabili da 1.460 a 1.555 euro. Anche il Lazio, a dire il vero, presenta gli stessi livelli di squilibrio contabile, ma Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto sono le più penalizzate dal mix di spesa storica (che premia chi più ha speso in passato) e pressione fiscale. La spesa storica doveva andare in pensione con l'avvento del federalismo fiscale, ma i ritardi accumulati nell'ultimo anno soprattutto sul fronte del federalismo regionale hanno contribuito a mantenere «storto» quell'albero che il fisco federale avrebbe dovuto raddrizzare. E così le tre regioni con l'economia più dinamica del paese, dove risiede il 32% delle imprese attive e si genera il 39% del Pil nazionale (di poco inferiore a quello della Baviera) e il 41% del gettito fiscale, alzano la voce. Perché tra tagli ai trasferimenti e inasprimento del patto di stabilità non vogliono essere costrette in futuro ad alzare ulteriormente le tasse e ridurre i servizi ai cittadini. Per questo le Cna delle tre regioni hanno deciso di unire le forze e realizzare un osservatorio per monitorare gli aspetti che riguardano maggiormente la vita delle imprese nel rapporto con la finanza pubblica territoriale. L'iniziativa, presentata ieri a Milano, è servita per fare il punto sugli effetti delle ultime manovre economiche, soprattutto in termini di contrazione degli investimenti e capacità di spesa. La spesa in conto capitale dal 2008 al 2011 si è ridotta del 26,5% in Emilia-Romagna, del 17% in Lombardia e del 6,5% in Veneto. Mentre le regole del patto di stabilità hanno finito per premiare le regioni tradizionalmente più propense a spendere, a scapito delle più virtuose. E così, a fronte di una media nazionale di 629,7 euro pro capite, la capacità di spesa delle tre regioni è la più bassa tra le 15 regioni a statuto ordinario (da 429 a 482 euro). Di qui una serie di proposte concrete che la Cna affida al prossimo governo: - riformare il patto di stabilità sulla base della «golden rule» europea che prevede l'obbligo del pareggio di bilancio per la parte corrente e una spesa per investimenti libera;- le manovre di finanza pubblica non dovranno più essere determinate per comparto (regioni, province, comuni), bensì per territorio sulla base di indici di virtuosità;- completare al più presto il processo di rilevazione dei costi standard sanitari (regioni) e dei fabbisogni standard (enti locali) e applicarli per suddividere le risorse tra i territori. Solo così, secondo la Cna, l'albero della fiscalità locale potrà finalmente raddrizzarsi. (fonte Italia Oggi).
Secondo la Cna le regioni più penalizzate sono Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto.
Tasse locali al top. Trasferimenti statali sotto la media Pagano più tasse locali di tutti e ricevono meno degli altri in termini di trasferimenti da parte dello stato. In Lombardia, Emilia Romagna e Veneto il piatto piange. Perché quando si tratta di passare alla cassa, i cittadini delle tre regioni pagano da 1.300 a 1.553 euro l'anno pro capite in tasse regionali, provinciali e comunali (la media italiana è di 1230 euro pro capite). Mentre quando c'è da attingere alle casse dello stato, a fronte di una media nazionale di 1.972 euro di contributi erariali a cittadino, le tre regioni ricevono importi variabili da 1.460 a 1.555 euro. Anche il Lazio, a dire il vero, presenta gli stessi livelli di squilibrio contabile, ma Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto sono le più penalizzate dal mix di spesa storica (che premia chi più ha speso in passato) e pressione fiscale. La spesa storica doveva andare in pensione con l'avvento del federalismo fiscale, ma i ritardi accumulati nell'ultimo anno soprattutto sul fronte del federalismo regionale hanno contribuito a mantenere «storto» quell'albero che il fisco federale avrebbe dovuto raddrizzare. E così le tre regioni con l'economia più dinamica del paese, dove risiede il 32% delle imprese attive e si genera il 39% del Pil nazionale (di poco inferiore a quello della Baviera) e il 41% del gettito fiscale, alzano la voce. Perché tra tagli ai trasferimenti e inasprimento del patto di stabilità non vogliono essere costrette in futuro ad alzare ulteriormente le tasse e ridurre i servizi ai cittadini. Per questo le Cna delle tre regioni hanno deciso di unire le forze e realizzare un osservatorio per monitorare gli aspetti che riguardano maggiormente la vita delle imprese nel rapporto con la finanza pubblica territoriale. L'iniziativa, presentata ieri a Milano, è servita per fare il punto sugli effetti delle ultime manovre economiche, soprattutto in termini di contrazione degli investimenti e capacità di spesa. La spesa in conto capitale dal 2008 al 2011 si è ridotta del 26,5% in Emilia-Romagna, del 17% in Lombardia e del 6,5% in Veneto. Mentre le regole del patto di stabilità hanno finito per premiare le regioni tradizionalmente più propense a spendere, a scapito delle più virtuose. E così, a fronte di una media nazionale di 629,7 euro pro capite, la capacità di spesa delle tre regioni è la più bassa tra le 15 regioni a statuto ordinario (da 429 a 482 euro). Di qui una serie di proposte concrete che la Cna affida al prossimo governo: - riformare il patto di stabilità sulla base della «golden rule» europea che prevede l'obbligo del pareggio di bilancio per la parte corrente e una spesa per investimenti libera;- le manovre di finanza pubblica non dovranno più essere determinate per comparto (regioni, province, comuni), bensì per territorio sulla base di indici di virtuosità;- completare al più presto il processo di rilevazione dei costi standard sanitari (regioni) e dei fabbisogni standard (enti locali) e applicarli per suddividere le risorse tra i territori. Solo così, secondo la Cna, l'albero della fiscalità locale potrà finalmente raddrizzarsi. (fonte Italia Oggi). Comments are closed.
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