Una Lega dei popoli è la giusta via per attrezzarsi alla battaglia contro Bruxelles
L’analisi del recente voto elettorale e del risultato ottenuto dalla Lega Nord riguardo alla raccolta firme per i referendum hanno certificato un dato inaspettato ai più: il contributo determinante giunto dalle regioni del centro e del sud d’Italia. La Lega ha oltrepassato Po, Rubicone, Porta Pia, Eboli e chi più ne ha più ne metta. E’ arrivata senza problemi persino laddove avevano gambizzato Garibaldi, il che è tutto dire. Si è trovata davanti un’autostrada, molto più spianata della Salerno-Reggio Calabria. Spianata dai mille fallimenti degli ex luogotenenti di Alleanza Nazionale; spianata dalla poca credibilità di chi nel recente passato si è autoproclamato paladino dell’autonomia del Sud; spianata da decenni di politiche assistenzialiste rivelatesi boomerang e spianata da cessioni di sovranità che affliggono tutti indistintamente.
Così spianata che è ora al tempo stesso opportunità e problema per la Lega. Che si chiede che cosa di questa autostrada.
I più “tradizionalisti” non sono molto dell’idea di andare in soccorso di territori che fino ad oggi hanno preferito sguazzare nella situazione che ora li sta condannando. E, da mezzo terrone, li capisco. Ma la mission di un movimento politico è l’intercettazione delle istanze che giungono dal basso per interpretarle attraverso i fondamenti valoriali e ideali che danno l’anima al movimento e – da qui – costruire un progetto politico coerente ma attualizzato al contesto storico del momento. La richiesta di aiuto da parte del centrosud non può dunque non essere accolta, poiché opportunità per il nord stesso. Meglio un alleato piuttosto che un nemico, suggerirebbe Sun Tzu, soprattutto poichè si tratta di un’alleanza che non snaturerebbe il progetto politico leghista.
I più “progressisti” si sono già lanciati come definizioni quali Lega Nazionale o Lega Italia. Il che consisterebbe in una riedizione della parabola suicida made in Gianfranco Fini (vedi sopra), fattosi risucchiare dall’ossessione per il rinnovamento tanto da dimenticarsi che cosa fosse il suo movimento. La Lega Nord non può assumere l’accezione Nazionale. La Lega Nord deve anzi provvedere all’abolizione del termine Nazionale al suo interno. E’ il concetto di Nazione da abolire, inefficace nel contesto storico attuale; da sostituire con quello di Patria, più flessibile nei confini ma più solido nella tradizione e nella cultura del popolo che la compone. In questa chiave va visto l’indipendentismo: non battaglia per la variazione di confini amministrativi (nient’altro sarebbe che un nazionalismo in piccola scala), bensì lotta per il rafforzamento delle identità, della sovranità e dell’autodeterminazione di un popolo. Contro il nemico eurocratico, le cui politiche sono volte invece a standardizzare, omologare, alienare.
In quest’ottica i popoli del centro e del sud d’Italia diventano degli insperati alleati, proprio come i popoli di tutta Europa. E così come in Europa la Lega è risultata uno dei perni dell’alleanza sovranista, nella penisola è chiamata ad essere il traino di una edizione italiana di questo esperimento. Perché abbia successo, non è necessario anzi non deve abbandonare il suo radicamento al Nord; deve semmai rafforzarlo affinché sia di esempio, tendendo la mano e fornendo supporto a quelle forze che decidono di condividere questa battaglia. Lasciando che emergano dal basso e che mantengano la propria autonomia territoriale, per riunirsi sotto l’effigie della Lega dei popoli quando la lotta approda sui tavoli di Roma e di Bruxelles.( fonte Iltalebano.com)